Il Metaverso: la realtà virtuale interpella approfondimenti di Privacy e Security

Storia del metaverso

Il termine “metaverso” compare per la prima volta nel romanzo di fantascienza di Neal Stephenson Snow Crash del 1992 come combinazione dei termini “meta“( il termine “meta” nasce e prende il suo significato attuale dalla “Metafisica” di Aristotele, che tratta, circa 2.500 anni orsono, di ciò che viene dopo e oltre la fisica) e “verso” (come universo). Si può affermare che i primi scritti sui mondi virtuali hanno ispirato la nascita delle prime forme di realtà virtuale e hanno costituito le basi per lo sviluppo del concetto di metaverso. Con l’avvento della realtà virtuale, della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale, la visione del metaverso è diventata sempre più una realtà tangibile. Oggi, molte aziende stanno lavorando su progetti di metaverso, e la comunità dei mondi virtuali sta crescendo rapidamente, con una crescente quantità di investimenti e di interesse da parte del pubblico.

Il metaverso è un concetto che descrive uno spazio virtuale “immersivo” che potrebbe replicare la realtà, e permette agli utenti di interagire e creare in modo simile a come avverrebbe nella vita reale. Il metaverso è accessibile tramite dispositivi elettronici, come PC, smartphone o visori di realtà virtuale, e consente agli utenti di navigare, comunicare e interagire in un ambiente virtuale che può essere personalizzato e controllato dall’utente.

Esso rappresenta una nuova frontiera per la tecnologia e la società, e può avere implicazioni significative per la privacy, la sicurezza e l’identità personale degli utenti. La privacy è un problema complesso e in evoluzione, rischi per la privacy infatti includono la raccolta e l’utilizzo dei dati personali degli utenti da parte delle aziende che gestiscono queste realtà virtuali, la possibilità di sorveglianza da parte di altri utenti o di terze parti e la difficoltà nel controllare la diffusione delle informazioni personali all’interno di questi universi virtuali. Il metaverso può anche essere inteso come un’evoluzione di internet, ma non la sostituzione, come non è la sostituzione della vita reale anche se la sua struttura è basata sulla struttura spazio-temporale come la realtà. Tramite una creazione di un Avatar si ha la possibilità di poter essere “qualcun altro” o “qualcos’altro”. Il problema più grande per ora è: come evolverà questa tecnologia?

 

Persona e Avatar nel Metaverso

Privacy nel metaverso

Per proteggere la privacy nei metaversi, è importante che gli utenti siano consapevoli dei rischi e delle opzioni di controllo dei dati disponibili. Inoltre, è necessario che i gestori di questa tecnologia implementino politiche rigorose sulla privacy e sul controllo dei dati, che siano trasparenti su come vengono utilizzati i dati degli utenti e che offrano opzioni di sicurezza robuste per proteggere la privacy degli utenti.

Inoltre, il metaverso può rappresentare una opportunità per la globalizzazione poiché consente agli utenti di interagire in modo nuovo con persone di tutto il mondo.

Dobbiamo infatti considerare ancor più interconnessione tra utenti e aziende, tra i diversi metaversi esistenti e le tipologie di esperienza, con ciò generandosi un flusso di dati personali di portata inimmaginabile, che non si limita a ciò che sono gli utenti, ma anche a quello che vorrebbero essere, a quello che desiderano, a quello che sognano. Facebook, così come le altre realtà che si stanno muovendo in questa direzione, potrebbero avere accesso così a un numero ancora più ampio di dati personali, creando dei veri e propri monopoli di potere.

E come ha affermato Antonello Soro di tutta la realtà digitale ex Presidente dell’Autorità Garante per la privacy:

“L’acquisizione di una società leader nel campo delle tecnologie indossabili da parte di Google va nella direzione della sempre più spinta concentrazione nell’economia digitale”, commenta Soro: “Una direzione opposta a quella tra l’altro indicata anche dalla risoluzione del Parlamento europeo del 2017 contraria a questi processi. Il controllo di un così grande patrimonio informativo produce – come nel caso degli altri giganti del web – un potere abnorme nella disponibilità di pochi soggetti privati che incide negativamente sulla tenuta delle democrazie nel pianeta”. 

Arcangelo Rociola, “Google: Soro, con acquisizione Fitbit pericolosa concentrazione di dati”, Agi, 1 novembre 2019 https://www.agi.it/economia/google_fitbit-6466269/news/2019-11-01/

Secondo quanto scrive Ersilia Trotta:

“La profilazione effettuata dalle piattaforme virtuali attraverso l’acquisizione dei dati personali e di quelli comportamentali desunti attraverso le scelte operate dall’individuo censito può rappresentare – ancor più pericolosamente nel metaverso – uno strumento di rating delle preferenze personali ed esistenziali dell’alter ego reale affievolendo il principio di autodeterminazione informata e determinando una inammissibile “patrimonializzazione” dei diritti della personalità.”

Ersilia Trotta, Avvocato presso Persona e Danno ha sede legale in Trieste, Via Ponchielli n. 3: è un’associazione che si occupa in prevalenza dei problemi giuridici della persona: diritti fondamentali, rapporti familiari, responsabilità civile .https://www.personaedanno.it/articolo/metaverso-la-sfida-del-danno-virtuale-ersilia-trotta

Per esempio gli occhiali intelligenti di Facebook, che oltretutto sono sempre connessi a smartphone cioè alla rete, sono uno strumento che toglie quasi del tutto la privacy in quanto basta con un piccolo gesto fare foto o registrare video; chi li indossa ha la possibilità, senza il consenso delle persone, pubblicare in rete dati e immagini.

Anche con gli orologi smart tutto questo è possibile, inoltre quest’ultimi analizzano dati anche personali come il nostro stato di salute, le abitudini e soprattutto la nostra posizione attraverso il GPS.

Quindi dobbiamo stare molto attenti e aver piena consapevolezza ai rischi della condivisione dei dati online.

Lo sviluppo di moderne tecnologie e di nuovi servizi di comunicazione elettronica rendono, quindi, necessario un ulteriore adeguamento della normativa sulla protezione dei dati personali in ambito italiano ed anche internazionale. Tale aspetto, del resto, è stato preso in considerazione nell’emanando Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali.

L’UE ha già fatto proposte di regolamenti:

  • Proposta di Regolamento EU 112/2018 che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online;
  • Proposta Regolamento 850/2020 relativo a un mercato unico dei servizi digitali; Proposta di Regolamento 842/2020 relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale;
  • Proposta di Regolamento 106/2020 relativo a regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (AI).

La strada per arrivare a un concetto di regole è ancora molto lunga in quanto questa realtà virtuale chiamata metaverso è in fase di sviluppo e quindi muta di anno in anno.

L’evoluzione tecnologica è un argomento molto discusso in ambito anche filosofico, perché risiede in essa paura dell’ignoto, alcuni pensano che con il passare del tempo non ci sia più privacy e addirittura le grandi aziende, tramite appunto a questa evoluzione sempre più incalzante, riescano a manipolare le scelte delle persone in qualsiasi ambito; Altre individui invece pensano che la nostra evoluzione sia proprio la tecnologia intesa come un’estensione delle capacità umane e serve per migliorare la qualità della vita.

In conclusione, la privacy è una preoccupazione critica nel metaverso, è importante che le aziende e i governi rispettino la privacy degli utenti e che forniscano garanzie appropriate sulla raccolta, l’utilizzo e la divulgazione dei dati.

 

       Alessandra Tarantino

 




LA TIFLOINFORMATICA NELLE SCUOLE

 

L’uso delle tecnologie permette un valido aiuto nei confronti degli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali, permettendo una didattica individualizzata indirizzata verso determinati obbiettivi all’interno di un contesto, garantendo anche l’inclusione dello studente.

Mi preme trattare in questo articolo dei vari ausili tecnologici proposti all’interno di una scuola, nei confronti di studenti ipovedenti. Gli alunni con disabilità iscritti nelle scuole italiane sono all’incirca 4000, alcuni di essi presentano minoranze aggiuntive di tipo uditivo, motorio o cognitivo. Questo comporta interventi educativi rigorosamente personalizzati sotto tutti i punti di vista, compreso l’eventuale uso di tecnologie.

Il computer rappresenta per una persona con disabilità visiva uno strumento vitale per lo sviluppo di relazioni sociali, e l’accesso alla cultura e all’informazione; in aggiunta al computer sono stati realizzati diversi ausili didattici. Per ausili didattici intendiamo tutti quegli strumenti e dispositivi in grado di favorire il percorso di inclusione scolastica degli studenti.

Nei casi in cui viene introdotto il supporto della tecnologia ci vengono presentati vari ausili. Citandone alcuni: la Dattilobraille, ovvero una macchina utilizzata dai non vedenti per scrivere più velocemente in braille, l’utilizzo di quest’apparecchio dipende dallo stadio evolutivo del bambino; è dunque compito dell’insegnante valutare o meno se utilizzare questa macchina. Un altro strumento utilizzato è il video ingranditore, utilizzato per ingrandire le immagini e favorire la visione o la lettura; inoltre permettono di ingrandire le immagini, e di regolare il colore e la luminosità. Fondamentale per un ipovedente è il sintetizzatore vocale, sono dei software che permettono di trasformare tutto ciò che viene scritto su un computer in Voce.

Attualmente, la maggioranza dei bambini con deficit visivo presentano anche disabilità cognitive e motorie. L’associazione tra cecità e autismo occupa un posto prevalente. In relazione a questo vorrei soffermarmi sull’utilizzo degli ausili tifloinformatici per le persone con autismo e deficit visivo.

La tifloinformatica, si occupa dell’insegnamento ai non vedenti delle tecnologie assistive. Purtroppo, però i moderni ausili utilizzati dalle persone autistiche, sono inutilizzabili da chi presenta un deficit visivo, in quanto tali strumenti prevedono come canale di comunicazione privilegiato quello della vista. Per conto le tecnologie per non vedenti e ipovedenti, sono pensate per persone con competenze cognitive.

In molti casi, l’utilizzo delle tecnologie rappresenta un’opportunità preziosa, per consentire alla persona di scrivere, leggere in modo autonomo ed interagire con il testo secondo le proprie possibilità. La videoscrittura, ad esempio, consente alle persone con disturbo autistico e deficit visivo di poter acquisire e gestire le informazioni evitando le serie difficoltà spesso causate dai noti fenomeni di percezione tattile che rallentano la lettura e comprensione del Braille cartaceo. Un altro aspetto è  la lettura uditiva che,  per mezzo della sintesi vocale non viene ostacolata dalla confusione e dall’affaticamento emotivo-relazionale che potrebbe causare l’interazione con le persone che leggono. Il funzionamento della persona autistica in assenza di informazioni visive, è però caratterizzato da difficoltà assolutamente peculiari che devono essere seriamente valutate prima dell’inizio dell’intervento, nonché monitorate continuamente durante le sessioni di apprendimento; a proposito di questo la metodologia utilizzata con persone con disabilità visiva senza disturbi dello spettro autistico è stata totalmente modificata in relazione a persone presentanti quest’ultimo. Tutto ciò per poter evitare che difficoltà presenti nelle persone autistiche possano portare ad una vera e proprie “barriera dell’apprendimento”.

Solitamente, ciechi e ipovedenti apprendono l’utilizzo di personal computer e dispositivi mobili attraverso un’alfabetizzazione tifloinformatica di base attraverso dei software specifici. Trattasi di uno screen reader che elabora e sintetizza il contenuto dello schermo che lo invia ad un altro software (sintesi vocale) che pronuncia il messaggio attraverso i dispositivi di output audio. In casi di disabilità visiva correlata ad un disturbo autistico, si aggiunge la difficoltà di gestire situazioni mutevoli ed imprevedibili, dunque, è fondamentale un’organizzazione logica degli ambienti di lavoro.

Il lavoro svolto con questi ragazzi deve essere un lavoro unito e organizzato in maniera continua da parte di tutte le figure professionali, sia per la progettazione che per la realizzazione di tutto l’intervento. Si ritiene fondamentale l’intervento di collaborazione tra una psicologia psicoterapeuta ed un abilitatore tifloinformatico, entrambi con esperienza di lavoro nel settore del deficit visivo. Un insegnamento privo della competenza info-tiflo-pedagogica si muoverà nella direzione contraria e correrà il rischio di erigere nuove e vecchie barriere attorno al nostro allievo gettandolo nell’isolamento più opprimente, impregnato di rassegnazione, vana fatica, frustrazione.

Una volta acquisite e consolidate quali siano le necessità e le competenze dell’utente, si mette in atto un progetto lavorativo in grado di garantire lo svolgimento di attività in maniera autonoma. Tutto ciò deve essere esteso anche nell’ambiente domestico. Ad esempio, l’utilizzo del personal computer che è stato appreso nell’ambiente scolastico, deve essere riportato all’interno delle mura domestiche nelle stesse identiche modalità; questo perché si è riscontrata l’assoluta dannosità di situazioni nelle quali gli utenti venivano indotti ad utilizzare gli strumenti secondo procedure, metodi e un vocabolario operativo anche solo lievemente differenti da quelli appresi. Il valore di questa attività risiede nella sua ricaduta sulla qualità della vita delle persone interessate. Pertanto, è indispensabile una contiguità con gli operatori educativi coinvolti nel processo di inclusione ovvero l’insegnante di sostegno e, più ancora, l’assistente alla comunicazione tiflodidattica. È necessario coinvolgere queste professionalità per generalizzare e stabilizzare le competenze apprese, inserendo tali abilità nella vita quotidiana scolastica. Quindi, man mano che gli utenti apprendevano correttamente un’abilità utilizzabile, essa veniva trasferita al contesto educativo, mentre le sessioni abilitative si orientavano verso l’implementazione di altre procedure.

È stato piuttosto facile constatare quanto sia aumentata in maniera generalizzata negli utenti la motivazione all’uso del personal computer. Per essi il PC va introdotto nella vita quotidiana come ausilio; non solo quindi ai fini ricreativi o come forma di ricompensa. In sintonia con quanto afferma Camilla K. Hileman, si crede l’utilizzo del computer sia altamente motivante per questi ragazzi per via del suo essere strumento altamente predittivo e costante se comparato con l’aleatoria natura della comunicazione umana. Il computer attraverso output uniformati e immutabili non emette messaggi sociali confusionari e pone l’utente in una situazione di crescente controllo delle attività, sino al raggiungimento di elevati gradi di autonomia operativa.

L’inclusione scolastica dei disabili non può, in ogni caso, prescindere dall’apparato tecnologico, indispensabile per il compimento pieno della sua realizzazione, ma ad oggi molti degli studenti italiani con deficit visivo e cognitivo non hanno ancora ricevuto soluzioni efficaci dai dispositivi tecnologici sviluppati finora.

C’è comunque ancora chi si meraviglia, oggi, quando sente che un non vedente usa un pc e, addirittura, naviga su internet. Pregiudizi, ma anche cattive informazioni. Diverse aziende si sono orientate verso un mercato fino a ieri inaccessibile e che oggi serve 285 milioni di persone. Inventando dispositivi indossabili, facendosi aiutare dalla robotica e utilizzando anche la realtà aumentata per chi non vede. Non solo: oltre che per navigare su internet, la tecnologia viene in aiuto per permettere migliore mobilità a chi, anche in questo caso, fino all’altro ieri doveva aiutarsi solo con un bastone o con un cane guida.

 

SITOGRAFIA:

https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=86487

https://giornale.uici.it/tecnologia-e-tifloinformatica-la-tecnologia-assistiva-come-supporto-alla-didattica-inclusiva-seconda-parte-di-franco-lisi/

https://www.cortivo.it/cortivoinforma/disabili/disabilita-visiva-integrazione-scolastica/#gref

https://www.istat.it/it/archivio/disabili

 




Il metaverso e la fede: opportunità da cogliere e rischi da gestire

Il metaverso e la fedeOpportunità da cogliere e rischi da gestire

          [FRUTTI DELLA TECNOLOGIA]
Prima di provare a riflettere sulle opportunità che abbiamo, cerchiamo di comprendere bene di cosa parliamo.

“Metaverso” è un termine coniato da Neal Stephenson nel libro, appartenente alla cultura cyberpunk, “Snow Crash” nel 1992, descritto dall’autore come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet, dove si può essere rappresentati attraverso il proprio Avatar, permeando aspetti fondamentali della nostra realtà.

Le applicazioni del metaverso sono infinite, così come le attività che possono essere svolte al suo interno con risparmi in termini di costi ed efficienza.

E’ uno spazio virtuale in cui le differenze con la realtà si assottigliano, fino ad essere quasi impercettibili.

Il metaverso diventa, quindi, uno spazio libero e aperto che si contrappone a una vita reale claustrofobica e, in questo spazio, la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi.

La chiesa da sempre nei secoli si è confrontata con il progresso tecnologico, filosofico, antropologico in modi diversi: a volte con durezza e prendendo le distanze, a volte condannando, ma anche cercando il dialogo.

Oggi più che mai la Chiesa ha bisogno di conoscere le opportunità che la tecnologia ci offre, ha bisogno di conoscere i nuovi linguaggi, per mettersi in ascolto, dialogare, testimoniare e annunciare.

Il Vaticano, infatti, ha riferito che sta lavorando per portare una collezione di opere d’arte nel metaveso ed ha fondato Humanity 2.0, un’organizzazione senza scopo di lucro che esplora l’interazione della cultura e della vita con i media e la tecnologia.

Se si procede con delle ricerche in rete, diverse sono le riflessioni che troviamo sul rapporto tra metaverso e fede, con visioni completamente opposte, due fra le tante, mi hanno particolarmente colpito (ne condivido una parte per entrambe):

  • In un’intervista al sito dell’Instituto Humanitas Unisinos, Sbardelotto ha affermato: “Potremmo perfino dire che lo stesso rito religioso, ad esempio, è un metaverso ante litteram. Storicamente, i fedeli – indipendentemente dalla tradizione religiosa – si rivolgono a un luogo geologalizzato specifico, e attraverso gesti, oggetti e parole ritualizzati compiono l’esperienza di un universo trascendente, in una dimensione spazio-temporale sacra che dà nuovo signifciato al recinto fisico del tempio e alla durata cronologica del rito….”.

 (https://it.aleteia.org/2021/11/05/metaverso-e-i-suoi-possibili-impatti-sulla-pratica-della-fede/)

  • Come il metaverso creerà un inferno virtuale sulla terra. Un mondo isolato e disconnesso dalla realtà e dalla natura delle cose, può alimentare passioni sfrenate opposte ad ogni regola morale. Una tale realtà potrebbe passare rapidamente da Alice nel Paese delle Meraviglie a manicomio. Ne abbiamo già parlato qui. Qui l’indice degli articoli sulla realtà distopica e il transumanesimo.

( Http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/11/come-il-metaverso-creera-un-inferno.html ).

Le domande che possiamo porci sono molte e poche sono le risposte, viene da pensare che sta trovando sempre più riscontri nella realtà, la “società liquida” di Bauman,  infatti in molte, troppe realtà, si sono “liquefatti” i valori, i legami affettivi familiari, interpersonali, sociali e le istituzioni normative.

Emerge la “latitanza o la irrilevanza” del pensiero filosofico di matrice umanistica e illuministica. Come tutto questo incide sulle scelte morali dell’uomo? Una prospettiva interessante è quella proposta dal neuro scienziato Simon Baron-Cohen nel suo libro “La scienza del male”.

Il male è un “deficit” di empatia, fatto che rende alcuni soggetti incapaci di capire la propria mente in termini di emozioni e sentimenti, di percepire l’altro come umano e dunque di “sintonizzarsi” sugli stati soggettivi di altri.

Esperimenti di brain imaging hanno confermato questa teoria, documentando una “ipoattività marcata” dei meccanismi cerebrali dell’empatia.

La natura del male, sia male fisico (conseguenza dell’imperfezione umana), sia male morale (conseguenza del libero arbitrio), sia male metafisico (identificato con il non-essere), teorizzata fin dall’antichità, è da sempre per i filosofi un mistero.

Un enigma in verità che è “familiare” a ciascuno, poiché nel corso della nostra vita noi tutti ne facciamo triste esperienza.

Il metaverso dunque porterà una vera e propria rivoluzione nel concetto stesso di realtà circostante, in maniera simile alla rivoluzione copernicana di kant e ovviamente come sempre, le novità portano con sé curiosità, perplessità, pregiudizi, paure, dubbi.  Non staremo qui ad esprimere giudizi, ma tentiamo di capire cosa può offrirci.

Mi viene da pensare alla grande opportunità che potremmo avere nel diffondere con maggior facilità la “Buona Notizia”, sia nel poter raggiungere chi fisicamente non può partecipare ad incontri o celebrazioni, sia nel consentire di raggiungere luoghi lontani, inaccessibili per una serie di motivi culturali-sociali-economici.

Di contro il grande rischio è che tutto questo possa essere un’opportunità riservata a pochi, sia per una questione economica, ma anche sociale e culturale. Inoltre bisogna tener ben presente che il metaverso, per come viene inteso oggi, essendo un mondo o più mondi, realizzati da società private con ovvio desiderio di profitto, offre un’esistenza subordinata alla creazione di una sovrastruttura tecnologica immaginata da altri, quindi una realtà definita in virtù dell’esperienza e degli intenti di chi la crea.

Nascono spontanee alcune domande: “C’è il rischio che la nostra autocoscienza possa essere offuscata a favore di una omologazione culturale dell’individuo? E in tal caso avrebbe senso il libero arbitrio? L’appartenenza a questa realtà sarà una libera scelta, oppure un “obbligo” come l’iscrizione ai social media moderni? Si riuscirà in futuro a restare sufficientemente distaccati da questo mondo virtuale, riuscendo a distinguere realtà e immaginazione, cos’è bene e cos’è male?”

Giovanni Paolo II aveva compreso l’importanza del mondo digitale e nel  suo messaggio per 33ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1999 dirà: “…La cultura “della sapienza”, propria della Chiesa può evitare che la cultura “dell’informazione” dei mezzi di comunicazione sociale divenga un accumularsi di fatti senza senso…la cultura ecclesiale “della gioia” può salvare la cultura “dello svago” dei mezzi di comunicazione sociale dal divenire fuga senz’anima dalla verità e dalla responsabilità; i mezzi di comunicazione sociale possono aiutare la Chiesa a comprendere meglio come comunicare con le persone in modo attraente e persino piacevole …”.

(https://www.chiesaecomunicazione.com/doc/messaggio-gmcs-1999_mass-media_presenza-amica-accanto-a-chi-e-alla-ricerca-del-padre_1999.php)

Benedetto XVI nel 2013 si esprimeva così: “Lo sviluppo delle reti sociali richiede impegno: le persone sono coinvolte nel costruire relazioni e trovare amicizie, nel cercare risposte alle loro domande, nel divertirsi, ma anche nell’essere stimolati intellettualmente e condividere competenze e conoscenze. I network diventano così, sempre più, parte del tessuto stesso della società in quanto uniscono le persone sulla base di questi bisogni fondamentali. Le reti sociali sono dunque alimentate da ispirazioni radicate nel cuore dell’uomo” [1].

La Chiesa non resterà a guardare, salvaguardando le interazioni personali, l’identità comunitaria, la realtà fisica nella celebrazione dei Sacramenti, dovrà in un futuro non così lontano, inserirsi sempre più, in maniera incisiva, nel mondo virtuale del metaverso, come presenza forte e come porto sicuro. Dovrà farlo, a mio avviso, anche rivoluzionando la formazione del clero e dei fedeli stessi.

Ma un’ultima riflessione mi sorge spontanea: i contenuti delle fede troveranno certamente nel metaverso una opportunità grande di condivisione e visibilità, ma la fede come esperienza di vita vissuta, spesa, donata, troverà, in questa realtà virtuale, il modo di esprimersi, crescere, essere compresa e percepita veramente?

Il metaverso, in sintesi, porta con sé una serie di domande e riflessioni alle quali è necessario tentare di dare una risposta, in quanto dobbiamo prepararci a viverlo, a fronteggiarne le opportunità, i rischi e le incognite.

[1] Benedetto XVI, Messaggio per la 47ma giornata delle comunicazioni sociali “Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”, Roma 12 maggio 2013.

Maria Beatrice Mariani