Essere chiesa on line. Report commissionato dalla Tavola Valdese

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La pandemia ha costretto le chiese a riorganizzarsi nel tentativo di mantenere vive le relazioni di fraternità, di garantire il culto e di accompagnare i malati e le famiglie di chi moriva a causa del virus. All’interno delle chiese evangeliche valdesi e metodiste si è fatto un notevole sforzo in questo campo spingendo le comunità a una rapida innovazione, come testimoniano i risultati della ricerca commissionata dalla Tavola Valdese alla rivista Confronti. Le chiese con una rapidità sorprendente hanno utilizzato vari social media e varie piattaforme digitali sperimentando quella che può essere definita smart churching. Pur nella disomogeneità dei dati, si nota che le chiese hanno cercato di superare il gap tecnologico, utilizzando la piattaforma zoom per i culti, postandoli su Facebook, commentandoli in chat, scaricandoli in streaming. L’utilizzo di queste piattaforme ha rilevato che nel Sud d’Italia l’utilizzo delle risorse digitali è stato nettamente inferiore che nelle altre aree del Paese. E’ emersa anche, dal punto di vista teologico, una differenza sostanziale tra le chiese evangeliche e la chiesa cattolica sulla concezione liturgica. Mentre per le chiese evangeliche, non si vive di solo culto, poiché la liturgia è sempre più una celebrazione corale che si rinnova e si costituisce in una pluralità di voci e di gesti, la liturgia cattolica, fondata sull’eucaristia, evidenzia chiaramente la necessità della presenza poiché la consumazione delle specie eucaristiche non può avvenire in modo virtuale. Un dato importante è quello del gradimento della proposta online che, nel caso valdese e metodista, è davvero rilevante giacché sommando coloro che hanno risposto “molto” e “molto alto” si supera il 90%. Esiste da anni un filone di studi che individua nella rete un nuovo spazio di comunicazione per le comunità religiose. Nel 2012 usciva uno studio comparato sulla rivoluzione digitale nelle pratiche religiose in cui si precisava una fondamentale distinzione: la religion on line intendendo la teologia e la pratica delle confessioni tradizionali che si propongono sulla rete; dall’altra c’è la online religion che indica, invece, una nuova forma di spiritualità virtuale, spesso sincretica, certamente post-confessionale e vissuta all’interno di una cerchia di fruitori-adepti collegati ad una piattaforma digitale. Nei mesi in cui le chiese sono rimaste chiuse, si è notato come fasce di membri di chiesa poco o nulla alfabetizzate dal punto di vista digitale hanno sperimentato quello che è stato chiamato lo smart churching: culti, studi biblici, corsi di catechismo, conferenze, riunioni degli organi ecclesiastici che non richiedevano più uno spostamento fisico ma che consentivano di partecipare stando nelle proprie abitazioni. I dati raccolti dimostrano che le chiese valdesi e metodiste hanno reagito positivamente alla sfida della pandemia come evidenzia la grande partecipazione al culto domenicale chiamato per l’occasione “Zoom worship” realizzato sulla piattaforma della rivista Confronti. Da quest’esperienza è partita da parte delle chiese valdesi e metodiste una ricerca sull’utilizzo degli strumenti tecnologici che ha permesso alle chiese di situarsi nella rete, individuando il proprio e specifico profilo tecnico e contenutistico. I dati emersi dal questionario mandato alle chiese valdesi e metodiste teso a valutare le implicazioni della nuova situazione determinatasi nella vita ecclesiastica hanno un valore di rappresentatività molto alto. Emerge che il culto è stato organizzato durante il periodo di chiusura  nella quasi totalità delle chiese che hanno partecipato al sondaggio. Nelle Valli Valdesi, a fronte di culto e meditazione che sfiorano il 90%  gli studi biblici sono stati organizzati soltanto dal 31% delle chiese. Le attività in generale sono state ideate, pensate, promosse nel 42% delle chiese dal pastore/pastora, diacono/diacona e nel 39,4% dal consiglio di chiesa/concistoro. Mentre nelle Valli Valdesi il pastore/pastora, diacono/a ha avuto un ruolo maggiore nel proporre delle attività (58%), al centro e al Sud d’Italia il consiglio di chiesa/concistoro ha ottenuto la percentuale più alta rispettivamente 53,4% e 41,3%. Nelle chiese della Svizzera tutte le attività sono state pensate, promosse dal pastore. Le attività sono state diffuse utilizzando in gran parte social network (87%) seguiti a distanza da sito web, email e radio. Le piattaforme più sfruttate sono state Whatsapp (73%), Facebook (48,8%), YouTube e Zoom(46,5%).  La frequenza dell’offerta è stata tendenzialmente alta: anche se le percentuali differiscono tra le varie zone del paese e delle chiese in Svizzera, due terzi delle chiese ha organizzato attività settimanali, il 19,3% giornaliere, il 7,4% mensili. Il video è stato lo strumento più utilizzato e condiviso per comunicare. La maggior parte delle attività (86%) si è svolta in diretta e ha raggiunto per il 42% dei rispondenti da 10 a 30 persone e per il 40% da 31 a 60 persone. Le attività in differita sono state organizzate dalla metà delle chiese campione con un grado di diffusione maggiore: il 39% ha registrato oltre 100 partecipanti, il 24,8% tra i 31 e i 60 partecipanti. Il livello di gradimento risulta alto per quasi il 60% e molto alto per il 30%. Emerge dai dati la diversità del vissuto delle varie comunità, dovuta indubbiamente a molteplici fattori: dimensione della chiesa locale, età dei membri, collocazione geografica. Accanto alle attività che le singole chiese sono riuscite ad organizzare per far fronte alle esigenze della pandemia, si possono evidenziare delle esperienze che hanno beneficato di un lavoro corale e di una collaborazione territoriale. Per alcune zone del Sud, la supervisione del circuito è stata importante, non solo per sopperire ad una ridotta presenza pastorale, ma anche per promuovere iniziative e mettersi in rete ottimizzando le energie. Nell’ambito metropolitano, la chiesa metodista e la chiesa valdese di Milano hanno realizzato insieme ad altre chiese protestanti del territorio culti interdenominazionali settimanali registrati su You Tube che hanno coinvolto anche membri di chiesa delle diverse comunità evangeliche milanesi. L’utilizzo della tecnologia ha certamente svolto un ruolo di supplenza notevole ma non è riuscito a oltrepassare il cerchio dei più fedeli e praticanti. Si corre il rischio che lo smart churching si sviluppi come una spiritualità comoda e confortevole vissuta nella propria abitazione a scapito delle relazioni vere sia pure faticose e impegnative. La pandemia ha avuto il merito di aver spinto le chiese ad aggiornare le forme della loro predicazione dimostrando che le tecnologie digitali rappresentano non solo un’opprotunità ma un ovvia necessità. Nelle Valli Valdesi Radio Beckwith ha fornito un supporto importante. Su iniziativa dei pastori/e, diaconi/e si è passati dal culto radio domenicale (antecedente la pandemia) a culti radio e videosettimanali e a meditazioni quotidiane in radio e podcast utilizzando Facebook e You Tube. Un punto di forza di queste esperienze è stata, oltre l’apporto di RadioBeckwith, la collaborazione fra le chiese e il saper mettere in rete competenza ed energie. Per le attività rivolte ai bambini/e, l’esperienza del “culto con il ciuccio”  ha travalicato i limiti territoriali diventando  uno dei momenti liturgici più ricercati a livello nazionale. Questo culto, consolidato da alcuni anni in alcune chiese, pensato principalmente per i bambini della scuola dell’infanzia  e le loro famiglie, con il passaggio al digitale è stato condiviso e visualizzato da famiglie in tutta Italia. La sua realizzazione è stata il frutto di una rinnovata collaborazione tra alcuni pastori/e, diaconi/e che hanno coinvolto membri di chiesa di diverse comunità nella preparazione e  nella realizzazione delle diverse parti del culto. La creazione di un canale You Tube dedicato ha aumentato la diffusione e visualizzazione dei culti anche a distanza di mesi. Da questi dati pare emergere la necessità di un ripensamento dell’essere chiesa per evitare che l’utilizzo delle tecnologie si riduca ad una mera trasposizione on line delle attività tradizionali in presenza, invece di utilizzare gli strumenti a disposizione per ottimizzare le risorse e creare progetti nuovi e di riuscire a far tesoro delle competenze, delle risorse acquisite e delle buone pratiche sperimentate per farle fruttare anche quando si potrà tornare a svolgere tutte le attività in presenza. L’utilizzo sempre più frequente della tecnologia digitale non può trascurare il tema della sicurezza e integrità on line poiché l’utilizzo della rete ha portato all’implementazione d’informazioni sulla composizione demografica e sulle caratteristiche dei gruppi sociali religiosamente orientati, sulle loro consuetudini e comportamenti. Nell’utilizzo della piattaforma Zoom, si è manifestato l’inadeguatezza in termini di sicurezza informatica della piattaforma a reggere l’urto di un utilizzo di massa a livello globale. Queste problematiche non possono far dimenticare che percorsi consapevoli di utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla società digitale debbano tener conto della consapevolezza della più volte richiamata unicità della dimensione umana che obbliga ad utilizzare la rete con un livello di attenzione adeguato mettendo in atto le più diffuse norme comportamentali a tutela delle proprie informazioni e decidendo consapevolmente cosa condividere della propria vita. Ciò implica una responsabilità nella scelta del mezzo più adeguato alla tutela di tutta la comunità e l’attenta verifica del rispetto delle principali norme di sicurezza da parte dello strumento verso il quale si orienta la scelta di utilizzo. Occorre anche essere consapevoli della diversa dimensione dello spazio in cui si agisce poiché ad una diversa dimensione dello spazio in cui si agisce, corrisponde una potenziale illimitatezza di contatti on line che sfuggono al controllo personale e che espongono ad una maggiore probabilità ed eterogeneità di pericoli, spesso celati dietro identità non verificabili. Ciò esige l’innalzamento della vigilanza individuale e collettiva e una formazione continua per rendere le chiese on line luoghi di culto, comunione e testimonianza sicuri, aperte al mondo e in grado di esercitare il discernimento nei nuovi contesti in cui sono chiamate a vivere e ad agire. Per le chiese valdesi e metodiste la pandemia ha rappresentato una sfida e un occasione di arricchimento culturale. L’utilizzo delle piattaforme digitali ha permesso l’accesso di persone che, data la dispersione dei membri di chiesa su tutto il territorio nazionale, non avrebbero potuto partecipare. Come l’invenzione della stampa a caratteri mobili ha rappresentato una rivoluzione nella società e nella chiesa del tempo, ora le chiese sono chiamate ad articolare la loro presenza nella società utilizzando le risorse digitali.

 

Giovanni Musella

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