I media a servizio della dignità umana

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I mezzi di comunicazione sociale svolgono un ruolo decisivo nella società. I media influenzano notevolmente la cultura e la mentalità di oggi e i vari strumenti disponibili determinano la vita di tante persone. Le piattaforme sociali esercitano un enorme potere sulle scelte e le azioni degli uomini,. C’è una realtà virtuale-digitale che ci sovrasta, ci influenza e per certi aspetti ci controlla anche. Davanti a tali cambiamenti epocali non si può rimanere indifferenti, optando di non “averne a che fare” e, questo, non soltanto per un fatto chiaramente oggettivo: tutti, anche i più avversi a questi strumenti, in un modo o nell’altro ne sono in qualche modo legati, ma anche e soprattutto per un senso di responsabilità che, se è vero, come lo è, che tali mezzi di informazione e comunicazione interessano ormai gran parte della popolazione mondiale, c’è da preoccuparsi per fare in modo che anche in queste piattaforme ci sia un impegno umano, e quindi cristiano, per ciò che è buono e giusto. La Chiesa giustamente afferma che questo impegno abbraccia anche la sua vocazione missionaria. Essa, chiamata a “portare la salvezza a tutti gli uomini ed essendo perciò spinta dalla necessità di diffondere in Vangelo” 1. Poichè questi potenti mezzi di comunicazione hanno un potere immenso sulle decisioni e sulle azioni degli uomini, come si esprimeva il Santo Padre Giovanni Paolo II: “è un fatto che le vostre decisioni anche minime possono avere un impatto globale” 2, la Chiesa Cattolica “ritiene suo dovere predicare l’annuncio della salvezza servendosi anche degli strumenti della comunicazione sociale e insegnarne agli uomini il retto uso.” (IM 3)

 

 

 

1) Il diritto eminente: la dignità della persona umana

I moderni mezzi di comunicazione offrono senza dubbio un grande contributo alla società e possono contribuire alla costruzione di un mondo più giusto, ma possono anche degradare i costumi, distruggere la morale ed infliggere gravi conseguenze alla comunione delle persone e alla loro salute spirituale. La Chiesa “è afflitta da materno sentimento di dolore per i danni che molto spesso il loro cattivo uso ha provocato all’umanità.” (IM 2). Per questo la Chiesa, attraverso l’insegnamento del Magistero, si sforza di aiutare questi nuovi canali di trasmissione di notizie e contenuti a raggiungere lo scopo al quale essi stessi sono chiamati: servire alla persona umana. Giovanni Paolo II insegnava che esiste un legame fra la comunicazione e la religione, in quanto la religione è comunicazione con Dio, ma anche comunicazione umana, che si fonda sul rapporto d’amore con il prossimo. Perciò come esiste il diritto alla comunicazione, così ad esso è legato anche il diritto all’informazione, che la Chiesa riconosce e promuove. Ecco come pronuncia il Concilio Vaticano II: “appartiene dunque alla società umana il diritto all’informazione su quanto, secondo le rispettive condizioni, convenga alle persone, sia singole sia associate.” (IM 5) Il Concilio aggiunge che questo esercizio deve essere svolto secondo i principi della verità e, salve la giustizia e la carità, così dice testualmente il decreto sulle comunicazioni sociali, integra. Rammenta infatti che non ogni cognizione è sempre opportuna o conveniente, mentre lo è la carità, che tiene conto delle situazioni e trova il modo di adattare la verità alla realtà cui si rivolge. E’ davvero importante insistere pure sulla integrità dell’informazione, affinché non si diventi manipolatori della verità. “Oltre a ciò c’è il dovere di evitare in ogni caso qualsiasi manipolazione della verità.” (GPII-mass media, 3) Bisogna però ricordare che ad ogni diritto corrispondono anche doveri corrispondenti. E’ il caso della questione fra i diritti della società, che si esplicano in varie forme e nei vari contesti e il dovere morale universale. Su questo si deve essere chiari: “alla base di tutti i diritti umani c’è la dignità della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio (GPII-mass media 5), su cui tutti i diritti si fondano, persino quello alla privacy. Bisogna difendere, parallelamente alla tutela dei diritti dei singoli, anche la sacralità della persona umana nella sua interezza, evitando ogni forma di offesa e di scandalo alle coscienze. Ecco ciò che dice a riguardo il Concilio nel decreto Inter Mirifica: “il primato dell’ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti, poiché solo esso supera e armonizza tutti gli altri ordini di attività umana, per quanto nobili, non escluso quello dell’arte” (IM 6). In questo caso quello della privacy è un esempio calzante. L’art.7 della Carta dei diritti dell’UE (Carta di Nizza) -Rispetto della vita privata e della vita familiare- afferma che: “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”; ciò nonostante questo “non è formulato come un diritto a sé, ma nasce come limite alla libertà di espressione e al diritto all’informazione”. La tensione fra queste dimensioni, appunto la tutela dei diritti e la difesa dell’ordine morale, necessita di un’attenta riflessione da parte dei diretti responsabili di questi mezzi prima, e da parte di tutti coloro che in diversi modi ne usufruiscono poi. La posta in gioco è alta e dal delicato equilibrio fra i diritti della cultura e le norme della legge morale dipende la serena convivenza nella società e la pace nel mondo. “Tutti i media di cultura popolare che voi rappresentate possono costituire o distruggere, elevare o degradare. Voi avete indicibili possibilità di fare del bene, inquietanti possibilità di distruzione. E’ la differenza tra la morte e la vita- la morte o la vita dello spirito-. ed è una questione di scelta. La sfida di Mosè al popolo d’Israele si applica oggi a tutti noi: “Io ti ho posto davanti la vita e la morte… Scegli dunque la vita”. (GPII-mass media, 2). Stando sempre al parere della Chiesa, particolari responsabilità spettano alle autorità civili, chiamate a tutelare il bene comune. Spetta alle autorità competenti vagliare ciò che i mezzi di comunicazione sociale propongono e favorire, promuovere le giuste e vere forme di informazione. “Lo stesso potere pubblico, che giustamente si interessa della salute fisica dei cittadini, ha il dovere di provvedere con giustizia e diligenza, mediante la promulgazione di leggi e l’efficacie loro applicazione, che dall’abuso di questi strumenti non derivino gravi danni alla moralità pubblica e al progresso della società.” (IM 12) E’ possibile infatti intervenire per la tutela e il rispetto della legge morale senza mancare ai diritti della cultura e dell’informazione, che sempre invece è chiamata a rispettare queste norme. In questo un’attenzione speciale va posta soprattutto ai giovani e agli adolescenti, che, per la loro condizione, sono i più fragili. Per questo chi lavora nel mondo della comunicazione e dell’informazione, dovrebbe sentire quest’imperativo rivolto anzitutto a sé stesso. Questa grande industria infatti “si trova a gestire grandi somme di denaro che portano con sé gravi problemi” (GPII-mass media 7). Occorre che anche costoro riflettano seriamente sulla gravità del ruolo che investono e sulle conseguenze che, dalle loro stesse scelte, possono ripercuotersi su larga scala. Affinché ciò avvenga, è importante che essi stessi non vengano “ingoiati” dal sistema in cui operano. Tuttavia accade pure che questa enorme responsabilità molto spesso ricada unicamente su chi dispone di questi strumenti, proprio per la difficoltà di regolare a livello legislativo simili strutture. Paolo VI rivolgendosi una volta a questa classe di professionisti diceva: “Non si chiede che facciate i moralisti a tesi fissa; ma ancora si fa credito alla vostra magica abilità di far intravedere il campo di luce che sta dietro il mistero della vita umana.” 3 Sembra essere proprio questo l’invito più pressante che i diversi Pontefici di questi passati decenni hanno rivolto a in materia.

 

 

2) Nulla sostituisce il vedere di persona

Dal pensiero del Papa polacco emerge nella comunicazione la forza della parola. Tale forza può essere riconosciuta da tutti, mentre costituisce allo stesso tempo pure una comune speranza nella ricerca del dialogo e della solidarietà. “Sono convinto che in larga misura possiamo condividere una comune speranza, radicata in una visione della razza umana armoniosamente unita attraverso la comunicazione. Sono certo che tutti voi, cristiani o no, mi permetterete di riferirmi al grande fascino che circonda il mistero della parola come comunicazione. Per i cristiani, la parola come comunicazione è la spiegazione di tutta la realtà così come viene espressa da San Giovanni: ” In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (GPII-mass media 8). E’ indicativo come anche nelle relazioni quotidiane la parola abbia un ruolo fondamentale nella comunicazione. Ma la parola non è mai distaccata dalla realtà; essa infatti esprime e riporta quanto gli uomini sentono, pensano, vivono, o anche soffrono. Perciò è importante che chi possiede il compito di riportare i fatti, in particolare i giornalisti, si faccia vicino sì alla realtà che descrive e non si limiti ad esporre soltanto fatti o notizie in maniera “distaccata”. Vicinanza vuol dire pure che la parola non si limita al discorso verbale. C’è bisogno di altro, di un contatto reale con la realtà, di una vicinanza concreta ai fatti e al prossimo. Con tutto il bene che questi mezzi possono significare, non si può sostituire la presenza fisica con la presenza virtuale. I dati riportati da Hootsuite sono terribilmente chiari: 7 ore al giorno di media sul web, 3 ore e 20 sulla TV, 2 ore e mezza sui social media… impressionante!  Per quanto questi mezzi offrano grandi risorse per la comunicazione, nulla sostituisce il vedere di persona. “Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti.” 4 Le parole del Papa hanno uno taglio pastorale. Citando il Beato Lozano Garrido (giornalista spagnolo morto nel 1971 e beatificato nel 2010) “apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita”, il Papa esorta a consumare le suola delle scarpe, ad uscire, a vedere con i propri occhi, a toccare la vita con le proprie mani, come stile che deve caratterizzare ogni azione pastorale autentica. Ancora una si parla di un diritto del popolo a comunicare. Comunicazione che comprende la capacità di ri-conoscere la realtà in cui si vive. “Comprendere il nostro tempo significa comprendere la mondializzazione che trascina l’avventura umana, diventa planetariamente interdipendente, lotta di azioni e reazioni, in particolare politiche, economiche, demografiche, mitologiche, religiose” (Mauro Ceruti, Il tempo della complessità, 2018) Senza questa dimensione concreta della vita, si rischia di chiudersi in un atteggiamento solitario, correndo il rischio di crearsi un mondo parallelo, virtuale appunto. “E’ così che la biosfera diviene “infosfera”, ambiente che nella sua massima accezione, può farsi sinonimo di realtà se questa è interpretata in termini “internazionali”. (Luciano Floridi, La quarta rivoluzione, come l’infosfera sta trasformando il mondo 2017). La sfida è ancora una volta come meglio utilizzare questo enorme potenziale, se metterlo a servizio della comunione e del dialogo o sfruttarlo soltanto per seguire scopi egoistici ed ottenere maggior profitto possibile. Davanti alla quarta rivoluzione industriale, come l’ha definita Schawb, la scelta spetta agli uomini del nostro tempo: scegliere il bene o scegliere il male il male, volere la vita o volere la morte.

 

Agostino De Santis

Note

 

  1. Concilio Vaticano II, decr. Inter Mirifica, in EV, 3
  2. Giovanni Paolo II, Messaggio agli operatori dei mass media nel “Registry Hotel”, 15 settembre 1987 
  3. Paolo VI, Allocuzione, 6 maggio 1967
  4. Papa Francesco, Messaggio nella 55ma giornata delle comunicazioni sociali, 23 gennaio 2021

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